6. Adesso e nell’ora della nostra morte, amen.


Racconto ispirato dalla canzone Sergio, Baustelle.
http://www.youtube.com/watch?v=eGy7gNSG_lY

Esisto a vanvera.

Sì la mia esistenza è così, è uno scarabocchio ai limiti del foglio, l’angolo che viene strappato per raccattarci la chewin gum grondante di saliva dalla bocca, l’assurdità della nausea.

Questa settimana mi sono rifugiato qui. E’ un porcile. Non nel senso che è sporco: è davvero il luogo dei maiali, il regno del porco, l’ habitat naturale di questo produttore di grugniti. Fuori piove. L’odore dell’umidità bagna anche me. Il cielo piange per me? Scroscia le sue gocce salvifiche sulla grondaia di questo prefabbricato, è musica! E’ dolore.

E’ passato così tanto da.. E’ passato così tanto.

Pulisco con la mano il rivolo di saliva che scende sulle labbra mentre mi sono fermato a pensare un po’ troppo – non ne sono abituato.

A volte devo ripetere - come quando ero piccolo e mia madre si leccava il pollice per poi passarmelo sulle guance – il mio nome, devo ripetermi chi sono. Quant’era bella mia madre. Bella come la Madonna.

Mi chiamo Sergio, il cognome l’ho perso quando uscivo dal bosco tempo fa e mi sono ferito in un cespuglio. L’ho perso tra le foglie. Un ramo appuntito mi ha aperto il polpaccio nudo che si è tinto di un fiume rosso ed è scivolato via – il mio cognome – con il sangue. Riversavo parte di me sul terreno. Non pensavo che il sangue fosse davvero così rosso, boh. Non lo ricordavo così sulle divise che bruciavamo con gli altri soldati. Ho strappato la maglietta e ho cercato di unire i lembi della ferita e per sbaglio mi sono toccato la carne viva – sto sbavando ancora, devo stare attento. – sensazione fortissima, brividi di dolore. Puoi immaginarlo?
E’ passato così tanto tempo. E’ passato così tanto da..

Ave o Maria, piena di grazia il signore Gesù Cristo sia con me.

Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo altissimo nome.

E’ passato così tanto tempo che non ricordo neanche se sono davvero un uomo. Potrei essere esistenza d’aria – non sbavo più, sto imparando – potrei essere vita priva di corpo, in fondo non sento più il dolore.
In quattro mi violentano - mi menano di botte. Lividi violacei sulla gambe. Lo ricordo bene. Le mani sporche di grasso sulla mia schiena sulle ossa sulle vertebre ora non mi fanno male, più. La mia divisa era in cenci come la mia vita, strappata.

Quanto dolore, quanto dolore.

Cristo Gesù quante botte.

E’ come se non fossi di questo mondo. Mica mi capisce. E’ come se lo strato di pelle che unisce la mia anima all’aria fosse più sottile del dovuto, e ogni alito di vento è come se mi uccidesse con la sua verità filtrando nella mia sensibilità più profonda, cercando di cancellare la memoria. Vuole farsi perdonare.

Bum! Bum! Squassete!

Le bombe. Io con un fucile in mano vedo un grande missile oltrepassare l’orizzonte, avvicinarsi verso di noi.

“Gli americani, gli americani!” Urlavano i miei compagni. Rimasi immobile di fronte a quell’impulso di morte, finché James mi prese per un braccio e mi portò via.

Bocca spalancata senza che l’aria uscisse ed entrasse. Occhi aperti sporchi di lacrime scioglievano il luridume sulla mia pelle, lacrime, lacrime grandi, statiche sul mio viso. Dov’è Gesù ora? Sento il sibilo diventare prima vento, poi tempesta assordante, una “s” prolungata e impetuosa sanguinare nell’aria mentre James ci porta in salvo. Me e lui.

Che fine ha fatto James? Non lo so. L’ho lasciato una notte mentre mi sono addentrato verso alcune stradine vicine ad una grande distesa d’alberi.

“Ci drogavano, Sergio. Ti hanno fottuto il cervello; Devi stare con me, ho io la cura.”

Non c’è, la cura. Non esiste.

E poi da lì solitudine, botte, violenza e lacrime nere, nel buio liquido della notte – chiudevo gli occhi talmente forte che rivedevo le bombe in scintille d’argento e tremavo e mi pisciavo addosso per la paura. Vigliacco, hai lasciato James da solo. Vigliacco.


Tu sia benedetta tra tutte le donne, e benedetto sia il tuo figlio, Gesù.


Venga il tuo regno, sia fatta la tua volente volontà. Come nel cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane..


Da quanto non mangio. I denti battono per la fame. Potrei cominciare a mangiare me stesso: prima le gambe e poi le mani, fino a sparire dentro di me, fino a cullare il mio corpo indolenzito nella mia pancia che brontola fame di giustizia e di pane.


A volte devo ripetere il mio nome, devo ripetermi chi sono. Quant’era bella mia madre. Bella come la Madonna.


15 anni di carcere, poi. Mi hanno trovato, gli americani.

“Non vi drogavano, voi eravate coscienti. Vigliacchi.”

Non volevo più stare in quella cella nera, volevo morire nel sonno, non mi lavavo mai: così forse lo sporco lercio di quei pochi metri quadrati mi avrebbe assorbito e sarei sparito. Forse così il mondo mi avrebbe capito. E’ la mia vera natura, lurida ombra puzzolente: come questi maiali.

Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte, amen.

..quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dalla nostra morte, amen.
Ha smesso di piovere. Non c’è la musica. Esco fuori, mi trascino per guardare il cielo.
E’ questa la mia cura. Il cielo blu risana le mie ferite, urlo ora che sono una creatura del cielo. Perché anche io sono blu, con l’impressione dei lividi sulle braccia e su tutto il corpo; voglio ritornare al cielo.

E’ questa la mia cura.

Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte, amen.

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