Randagio



Ci siamo annusati come cani affamati, il tuo sguardo fiducioso e la mia coda fra le gambe, c'ero io che non mi curavo di te, occupato a cercare l'angolo giusto da cui osservare tutto, e c'eri tu che già comprendevi il nostro posto in mezzo al resto e mettevi in discussione il mio modo di fare qualsiasi cosa, il modo in cui raccoglievo le mie macerie. Scontrandoci ogni giorno da vicino ho perlustrato le tue parti più oscure, i tuoi luoghi famelici, i vizi e le schegge con cui scalfisci le tue parole prima di parlare; ed è stato facile illudersi che tu buttandomi giù mi potessi migliorare, farmi innamorare e ancora di più credere di essere qualcosa insieme, mollandoci nei giorni migliori e riprendendoci in quelli peggiori. Ci guardavamo sempre con la stessa fame dell'inizio, terminando le litigate quotidiane (o i quotidiani litigi) con le mie ninna nanne stonate al telefono per farti addormentare e per ricominciare le giornate con le tue canzoni alla radio per farmi svegliare. E solo adesso, davanti a una cartolina di questa città, è chiaro in poche righe che ho portato qui quella parte di te, il brutto, la frattura, il nero, il tuo cuore nel mio cuore, e così di notte esco - randagio - per strada e sciacquo la nostra storia nel fiume, nelle strade, nei passanti, nelle puttane, e ogni volta perdo un pezzo, un appuntamento, un ricordo, ed è un sollievo, credimi. Poco alla volta però, notte dopo notte, ho perso anche il resto, così ora non ricordo più perché sono arrivato qui e le cause irreparabili delle nostre discussioni e finisco per scrivertelo, da vigliacco, intorno al francobollo perché non ho più spazio per te, nella carta e nella vita, per riuscire a perdere anche questo: non può che mancarmi l'immagine di te che ogni mattina ti rivestivi nel buio per non svegliarmi (ma io mi svegliavo apposta per godermi il momento, non la tua carne esposta, ma la delicatezza dei tuoi gesti che lasciavi intorno.)





(illustrazione di Giordano Poloni)

2 commenti:

  1. c'ero io che non mi curavo di te, in questa frase si riassume la ragione delle liti, perché è la reciprocità l'ingrediente principale per far funzionare un rapporto. Qui c'è una donna che ha fame, il suo uomo la affama nella sua assenza. Questo non è amore, è come dici tu, illusione. Perchè l'amore ha sua vera e autentica natura nel donarsi. Quella fame del bello e della luce che ti porta a disfarti del fardello nelle strade, ma se decidi di liberarlo butti tutto, anche la speranza di quello che di bello avrebbe potuto esserci e c'è anche stato, ma solo nei gesti di lei intorno a te. Ma i gesti del protagonista per lei e intendo per lei solamente, dove sono? Quelli fatti per andarle incontro, dove sono? Ricorda che disfarsi delle cose è un sollievo temporaneo, prendersi cura davvero invece, cura a lungo termine una relazione. :)

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    1. La scelta dei gesti di un protagonista è a discrezione dell'autore.

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